Chiang Dao: La Thailandia fuori dalle rotte turistiche

La campagna di Chiang Dao circondata da montagne carsiche Non avevo mai sentito parlare di Chiang Dao, ma dopo aver letto il nome sulla cartina e fatto una piccola ricerca, ho capito che era il luogo adatto a noi. Perché? Intanto perché avevamo voglia di fuggire per qualche giorno dalla città e vivere un contesto più rurale, senza però allontanarci troppo da Chiang Mai, e poi perché non è inserita nei classici percorsi turistici, il che vorrà forse anche dire meno attrazioni rispetto ad altre mete, ma significa anche meno stranieri, e questo ha i suoi vantaggi. Quello che più mi è piaciuto di questa tappa del viaggio è che Chiang Dao si muove ad un ritmo lento e ha dato anche a noi la possibilità di rallentare, di guardarci intorno con la consapevolezza di non avere poi molto da fare. Un luogo che mi ha permesso di ciondolare in libertà….ma non in un posto qualunque : nella giungla!

All’andata abbiamo preso un taxi dal centro di Chiang Mai, che ci è costato circa 25 Euro. Viaggiando con i bambini volevamo, almeno per questa tappa, ridurre i tempi e farci portare direttamente alla guest house. Al ritorno abbiamo invece viaggiato stipati in un affollatissimo autobus di linea, che ci ha messo quasi il doppio del tempo a percorrere la stessa distanza, ma che è stato tutto sommato un’esperienza divertente, soprattutto per le attenzioni che i bambini, ancora una volta, hanno ricevuto.

Chiang Dao in sé si è rivelata niente di più che una strada con qualche negozio e qualche ristorante; sorge però in mezzo a una giungla lussureggiante e all’ombra dell’imponente montagna da cui prende il nome. Non abbiamo alloggiato in centro: abbiamo scelto una “farm stay” ossia un agriturismo, situato nel bel mezzo delle piantagioni di mango e rambutan, coltivati dai proprietari della tenuta, una giovane coppia, con un figlio piccolo. Veniamo subito accolti con calore e gentilezza. Ci viene mostrato il bungalow nel quale alloggeremo, molto spartano ma pulito e dotato di veranda, dalla quale si gode una magnifica vista della montagna e del frutteto. L’aria è finalmente fresca, pulita, e il silenzio assoluto : siamo in paradiso! Pepsi, il proprietario, (i thailandesi si scelgono spesso nomignoli occidentali, presi in prestito da marche famose) ci dice che a cinque minuti a piedi si può raggiungere un ruscello. Ci consiglia anche di andare alle terme, che si trovano a meno di due chilometri di distanza e ovviamente alla famosa grotta, l’attrazione principale di Chiang Dao. Tempio a Chiang Dao, Thailandia del nord

Per arrivare al ruscello dobbiamo attraversare un frammento di giungla. Una volta raggiunta l’acqua i miei figli si spogliano ed entrano a giocare. In giro non c’è nessuno, ci sentiamo come i protagonisti di qualche romanzo di avventura ambientato agli inizi del secolo scorso. La sera ceniamo all’agriturismo, un pasto squisito, preparato dalla padrona di casa con le verdure del suo orto. Non c’è illuminazione esterna, quando si fa sera è buio pesto ed è magnifico perché si vede solo il cielo, che non ci è mai sembrato così grande e così pieno di stelle. Poi i proprietari accendono un falò e dei giovani tedeschi tirano fuori una chitarra e si mettono a cantare. Mia figlia di due anni e mezzo si addormenta in una delle tante amache disseminate per il giardino e la spostiamo nel bungalow solo quando anche noi andiamo a dormire.

Il mattino seguente decidiamo di camminare fino alle terme. Una decisione un po’ ingenua…come scopriremo solo un chilometro più tardi! Dall’agriturismo prendiamo la strada principale in direzione opposta al centro di Chiang Dao. Siamo in piena campagna, non incontriamo quasi nessuno, fatta eccezione per qualche auto, molto poche, e due monaci buddhisti, che portano entrambi il berretto di lana e una specie di poncho. Noi invece sudiamo! Pepsi ci ha detto che le terme si trovano a circa un chilometro e mezzo dalla sua proprietà, ma a noi sembra di aver camminato già molto di più e ancora non si vedono. Sul cammino facciamo spesso sosta per guardare gli altari che i thailandesi mettono sempre all’ingresso degli edifici, per tenersi buoni gli spiriti ed è interessante perché non se ne trovano mai due uguali, ogni famiglia ci tiene a personalizzare con decorazioni e statue la propria casetta degli spiriti e ogni giorno  si accendono bastoncini di incenso e si portano offerte, come fiori freschi o riso. Dopo un po’ i bambini arrivano al capolinea : di camminare non ne vogliono più sapere, soprattutto perché la strada è in salita e comunque fa piuttosto caldo, non è di certo come fare trekking in un bosco del Trentino. E allora non resta che sederci e sperare nel passaggio di un tuk-tuk. Mezz’ora più tardi, lamentandoci non poco, io e mio marito per la sfortuna di non trovare un passaggio e i bambini semplicemente per la poca voglia di camminare, ci facciamo forza e torniamo indietro. Poco prima di raggiungere l’agriturismo vediamo venirci incontro un tuk-tuk. Paghiamo più di quanto avremmo pagato se ci fossimo mostrati meno disperati, ma a questo punto vogliamo solo arrivare a queste fantomatiche Hot spring – costi quel che costi! – e i tassisti sono bravi a interpretare persone e situazioni. Facendo il percorso in ape, le terme non sono poi così lontane. Anzi, ci accorgiamo che, se avessimo resistito e ci fossimo spinti un po’ più avanti, in poche centinaia di metri saremmo arrivati a destinazione. La prima cosa che ci colpisce è il forte odore di zolfo : ” qui puzza!”, sottolinea infatti subito la nostra seienne.  Ci sono grandi tinozze nelle quali è possibile immergersi completamente oppure si può optare per un pediluvio, che sembra essere la scelta della maggioranza. Tutto sommato non vale la pena arrivare fino qui, se non ci si trova nelle vicinanze : come esperienza termale non è niente di eccezionale, però almeno è gratis e comunque rilassante.Ingresso alla grotta di Chiang Dao, Thailandia

Il giorno seguente prendiamo un tuk-tuk e ci facciamo portare alla famosa grotta, che si trova proprio alla base della montagna Doi Chiang Dao. Nel parcheggio ci sono bancarelle che vendono frutta, radici, erbe e stranezze mai viste dal potere curativo ( o almeno così è scritto, in un inglese un po’ astruso, su alcuni dei prodotti). Entriamo e subito notiamo un tempio e delle campanelle buddhiste e poi tante bancarelle, disseminate lungo tutta la stradina che porta all’ingresso della grotta. Si vendono fiori per omaggiare Buddha, incenso, souvenir, mangime per le carpe. Sì, perché c’è anche un grande stagno, pieno di carpe, e dare loro da mangiare pare serva ad ingraziarsi non so più quale spirito…o ha forse a che fare con la reincarnazione? Comunque sia, diamo anche noi da mangiare alle carpe. E poi entriamo nella grotta, all’interno della quale, essendo un luogo considerato sacro, sono collocate delle statue del Buddha. Si cammina in una zona illuminata, tra stalattiti e stalagmiti, che i nostri figli non avevano ancora mai visto. Da soli si può arrivare solo fino ad un certo punto, per fare il percorso più lungo è necessario prendere una guida ed è facile capire il perché, se si pensa che l’intera grotta si estende per ben 12 chilometri ed è facile perdere l’orientamento. All’uscita c’è ancora un po’ di tempo per gironzolare tra le bancarelle, guardare di nuovo le carpe e i bambini vogliono anche fermarsi a suonare le campanelle del tempio. Una volta tornati al parcheggio facciamo merenda con delle dolcissime banane, di quelle piccole che si trovano qui, poi torniamo alla guest house : un’amaca ciascuno e aspettiamo la sera. Chiacchieriamo tra noi e con Pepsi, che parla un buon inglese, mentre i bambini giocano. Insomma, niente effetti speciali a Chiang Dao, ma stiamo proprio bene!

 

 

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